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Autore: admin

Fame da bue e assenza di appetito

L’anoressia e la bulimia nervosa sono diventate nell’ultimo ventennio delle vere emergenze sociali sulle quali tutti, non solo i diretti interessati e i professionisti della salute mentale, dovrebbero interrogarsi.

L’esordio può avvenire già in preadolescenza.

Che cos’è la bulimia nervosa?

La bulimia nervosa è un disturbo dell’alimentazione caratterizzato da ricorrenti episodi di abbuffate, condotte di eliminazione (vomito autoindotto, digiuno, uso di diuretici, attività fisica eccessiva) e preoccupazione per il peso e le forme del corpo.

Le abbuffate compulsive aiutano una persona bulimica a calmarsi. Le permettono di sentirsi meno arrabbiata, infelice o sola. Quando si esagera con l’assunzione di cibo, si può arrivare a consumare migliaia di calorie.

Il disturbo insorge in presenza di forte insicurezza, mancanza di autostima e di fiducia in sé stessi.

Gli episodi in cui avvengono le abbuffate sono spesso seguiti da senso di colpa e vergogna per la perdita di controllo sul cibo.

Quali sono le principali conseguenze della bulimia a livello medico?

  • costante fluttuazione del peso corporeo;
  • ghiandole ingrossate nel collo e sotto la mascella;
  • squilibri elettrolitici che possono portare ad aritmie cardiache, arresto cardiaco e anche alla morte;
  • vasi sanguigni rotti negli occhi;
  • traumi nella cavità orale, come tagli nella linea della bocca e nella gola;
  • reflusso gastrico cronico dopo aver mangiato o ulcere peptiche;
  • infertilità;
  • cronica disidratazione;
  • infiammazione dell’esofago.

Che cos’è l’anoressia?

L’Anoressia è un disturbo del comportamento alimentare caratterizzato da una determinata ricerca di magrezza e di perdita di peso, vissuta come un successo e non come un problema anche quando raggiunge livelli pericolosi per la salute.

A lungo andare, in seguito alla denutrizione, si può strutturare una vera e propria ossessione per il cibo.

I soggetti con anoressia nervosa possono pensare al cibo quasi tutto il giorno: molto spesso ragazze con anoressia nervosa amano cucinare per amici e familiari, parlare continuamente di vari alimenti o leggere libri sulla loro composizione. Si possono organizzare veri e propri rituali stereotipati inerenti il cibo, come contare le calorie, mangiare lentamente e sminuzzare il  cibo prima di ingerirlo.

 

Quali sono le conseguenze a livello medico dell’anoressia nervosa?

Riguardano principalmente alterazioni nelle funzioni:

  • endocrine;
  • cardiovascolari;
  • gastrointestinali;
  • ematologiche.

Come intervenire?

Sia la bulimia che l’anoressia sono disturbi che comportano un’alterazione della propria immagine corporea, portando verso un significativo danneggiamento sia della salute fisica sia del funzionamento  psicologico e sociale della persona che ne soffre.

Il primo passo è iniziare a prendersi cura di sé acquisendo la consapevolezza di avere un disturbo.

Seguirà poi la fase di riconoscimento del bisogno di ricevere un aiuto adeguato e l’attivarsi per farlo.

Si può guarire?

E’ fondamentale sottolineare che dalla bulimia e dall’anoressia è possibile guarire.

Ho detto no!

Il passaggio da una generazione di genitori autoritari e freddi ad una generazione di genitori più permissivi e attenti agli aspetti affettivi ed emotivi dei propri figli, ha fatto sì che spesso, in quest’ultimo caso, si cadesse in una protettività eccessiva nei loro confronti, preservandoli da ogni difficoltà e delusione.

Questo nel tentativo di differenziarsi dal “distante” stile educativo adottato in passato dai propri genitori.  

L’attuale assenza di regole, di limiti e di imposizioni, le decisioni prese con i figli già a partire dall’età di tre anni e spesso in loro subordinazione, conducono verso “un’educazione a misura di bambino” lontana da ogni adulta e matura organizzazione.

“La pedagogia delle coccole” che tende a giustificare i propri figli ad ogni costo, difendendoli da ogni competizione, impegno e sforzo risulta inefficace e tende a crescere bambini viziati e adulti individualisti ed egocentrici.

L’incapacità di dire no crea nelle famiglie diverse difficoltà così come sullo sviluppo della personalità dei bambini.  Negare una cosa al momento giusto diventa fondamentale da parte di un genitore per insegnare al proprio figlio il senso del limite e per ricordare la differenza di ruoli tra genitore e bambino.

Se questa differenziazione risulta assente, il rischio di fare di un bambino un tiranno e del genitore di perdere credibilità di fronte al proprio figlio, tenderà a concretizzarsi sempre più minacciando la relazione tra i due.

Diventa allora importante per un genitore trovare il giusto equilibrio, nel proprio stile educativo, tra coccole ed empatia da un lato e regole e capacità di dire “i giusti no” dall’altro. Solo così sarà possibile aiutare il proprio bambino a crescere in modo sano e responsabile.  

Riconoscere gli attacchi di panico per trovare la cura

Gli attacchi di panico sono vissuti come attacchi di angoscia e terrore. Spesso la persona si reca al pronto soccorso pensando di avere un infarto in corso. La crisi di panico si manifesta con un’accelerazione del ritmo cardiaco associato ad una sensazione di perdita di controllo. Durante l’attacco di panico la persona è terrorizzata e ha paura di morire, di solito di infarto appunto. Una volta che questi sintomi fisici e psichici sono passati, la sensazione immediata è quella di sollievo e di grande stanchezza fisica.

La maggior parte delle persone che soffre di attacchi di panico riferisce paura di morire, di “impazzire” o perdere il controllo su emozioni e comportamento.

 

Quali sono i sintomi di un attacco di panico?

Quando una persona ha un attacco di panico sperimenta almeno 4 di questi sintomi:

  • sudorazione
  • vertigini
  • dissociazione
  • paura di morire, sensazione che qualcosa di orribile stia per accadere
  • parestesia
  • vampate di calore, brividi, tremore
  • palpitazioni
  • senso di soffocamento
  • dolore al petto
  • nausea o disturbi addominali.

 

La cura

Nell’immediatezza di un attacco di panico sarebbe opportuno non resistere o combattere contro l’ansia, ma cercare di respirare regolarmente per almeno 5-10 minuti.

La relazione della respirazione con gli attacchi di panico è così fondamentale, che regolarne subito i cicli di entrata ed uscita dell’aria, da e verso i polmoni, si rivela un metodo particolarmente adeguato per questo tipo di disturbo.

I farmaci e il sostegno psicologico rappresentano le principali terapie per la cura dagli attacchi di panico. I primi aiutano ad alleviare il quadro sintomatologico; il sostegno psicologico aiuta a capire quali sono le cause e i significati che si nascondono dietro al disturbo offrendo gli strumenti per affrontare gli attacchi in maniera adeguata. Mano a mano che il sostegno psicologico diverrà continuativo nell’affiancare la persona, si potrà iniziare a ridurre gradualmente il farmaco.

Selfie estremi: quale può essere il ruolo della famiglia?

Sono soprattutto gli adolescenti a cimentarsi in questa pericolosa pratica che mette in circolo adrenalina e fa sentire grandi e invincibili. La maggior parte dei ragazzi che fa un selfie estremo tende poi a postarlo sui social network condividendolo con amici.

L’adolescenza è l’età della trasgressione, l’età in cui il ragazzo sperimenta un conflitto tra il voler essere adulto e il sentire dei bisogni da bambino. Ancora non si è sviluppato completamente il senso del limite e del pericolo, l’insicurezza è molto forte perchè l’identità si sta formando e definendo gradualmente. Il confronto con i pari, l’appartenenza al gruppo attraverso la condivisione delle stesse esperienze, delle stesse mode, degli stessi idoli, diventa prioritaria rispetto all’appartenenza alla famiglia.

La famiglia resta tuttavia la base sicura dalla quale il ragazzo parte e alla quale torna nei momenti del bisogno. Ciò che è stato seminato negli anni dell’infanzia, i valori e l’educazione trasmessa nel tempo costituiranno il bagaglio, per quanto spesso sminuito e criticato dall’adolescente, che quest’ultimo porterà con sé e utilizzerà nei momenti del bisogno.

Per questo motivo diventa fondamentale che la famiglia continui ad essere concretamente un punto di riferimento per il ragazzo, rimanendo sullo sfondo ma vigilando, fornendo informazioni e negoziando possibili soluzioni con lui nei momenti di necessità. L’adolescente non è un adulto, ha bisogno di essere “guidato” e di essere posto di fronte a dei limiti, proprio perché ancora non ne ha di suoi. I genitori in questo senso hanno un ruolo fondamentale e il duro compito di trovare la giusta modalità comunicativa e relazionale che si concretizza in una loro presenza discreta, una presenza cioè che affianca ma non si sostituisce, che rispetta la diversità e contiene pur lasciando andare.

Genitorialità e iGeneration: quale comportamento adottare?

Secondo alcune ricerche di Schmidt e Vandewater, i videogiochi e in generale i media digitali possono potenziare le capacità di problem solving e migliorare la capacità visiva e spaziale (Schmidt e Vandewater, 2008).

L. Rosen in un suo studio sostiene che chi utilizza le nuove tecnologie possiede un QI più alto mentre J.Lehrer sostiene che eseguire ricerche tramite Google può aumentare l’attenzione selettiva. Quale comportamento può adottare un genitore per far sì che il proprio figlio possa utilizzare in modo adeguato e consapevole le nuove tecnologie utilizzandole come strumento di accrescimento delle capacità e potenzialità piuttosto che come generatore di dipendenza e fonte di regressione?

I genitori così come la scuola dovrebbero proporre ai bambini un’educazione all’uso dei media e delle nuove tecnologie. Il controllo sano e l’offerta di informazioni rispetto alle modalità, ai contenuti e ai tempi di utilizzo dei media da parte degli adulti di riferimento a bambini e ragazzi in fase di sviluppo permette ai più giovani di costruire progressivamente un filtro protettivo aiutandoli a non sentirsi invasi e sviluppando un controllo consapevole.

In modo particolare diventa fondamentale che i genitori si accertino che ciò di cui i propri figli si stanno “nutrendo” tramite le nuove tecnologie sia “in sintonia” con l’età e il livello di sviluppo cognitivo del bambino, in modo da evitare che il bambino ne esca danneggiato o sopraffatto.

E’ in questi casi che le vecchie generazioni si fanno promotrici di una valida integrazione tra nuove tecnologie e buon senso permettendone un utilizzo moderato e consapevole. La iGeneration ne uscirà così rafforzata imparando ad utilizzare i media al proprio servizio e a non essere lei al servizio dei media.


Bibliografia

Lehrer J., Our cluttered minds. New York Times, 3 , 2010.

Rosen L., Welcome to the iGeneration! Education Digest: Essential Readings Condensed for Quick Review, 75 (8), 8-12, 2010.

Schmidt M. E., Vandewater E.A., Media and attention, cognition, and school achievement. The future of Children, 18 (1), 63-85, 2008.